Con la circolare n. 18 del 30 luglio 2014, il Ministero del Lavoro ha fornito i primi chiarimenti sulle nuove norme del lavoro a tempo determinato. Queste le precisazioni del Ministero che hanno diretto impatto sulle decisioni aziendali:
I limiti quantitativi dei contratti a termine
Verifica dei lavoratori a tempo indeterminato:
In assenza di una diversa disciplina contrattuale prevista dal CCNL applicato dall’azienda, il datore di lavoro non può stipulare contratti a tempo determinato in misura superiore al 20% dei lavoratori in forza alla data del 1° gennaio dell’anno di assunzione.
Il Ministero del Lavoro chiarisce ora che se l’azienda si è costituita in corso d’anno, la verifica dei lavoratori assunti a tempo indeterminato va effettuata al momento della prima assunzione a termine: es. azienda che si costituisce nel mese di marzo 2014 assumendo 5 lavoratori a tempo indeterminato. Il 10 maggio decide di stipulare dei contratti a termine. Per sapere quanti lavoratori a tempo determinato può assumere, deve verificare quanti lavoratori ha a tempo indeterminato alla data del 10 maggio ed effettuare i relativi calcoli.
Tra i lavoratori a tempo indeterminato si computano i lavoratori con contratto a tempo parziale in proporzione all’orario svolto, gli apprendisti (ad esclusione di quelli stagionali) e i dirigenti a tempo indeterminato.
La verifica dei lavoratori in forza a tempo indeterminato si deve effettuare in relazione all’azienda nel suo complesso e non con riguardo alla singola unità produttiva.
Conteggio della percentuale del 20%
Se nel conteggiare il numero dei lavoratori che si possono assumere a termine si ottiene un decimale uguale o superiore a 0,5 , il datore di lavoro potrà effettuare un arrotondamento all’unità superiore : es datore di lavoro che ha 19 dipendenti. Il 20% di 19 è pari a 3,8 e quindi potrà assumere 4 lavoratori a termine. Se invece ha 16 dipendenti potrà assumere solo 3 lavoratori a temine (20% di 16 è 3,2).
Assunzioni effettuate per ragioni di stagionalità
Il Ministero ha chiarito che le ipotesi del ricorso al lavoro stagionale non sono individuate in via tassativa dal DPR 1525/1963 , ma possono essere stabilite anche dal contratto collettivo. In particolare, il Ministero del Lavoro ha precisato che anche i contratti aziendali possono individuare ipotesi di ricorso al lavoro stagionale. Ciò risolverà i problemi di quelle aziende che applicano contratti collettivi che non prevedono i contratti stagionali, ma che di fatto hanno un andamento stagionale dell’attività.
I limiti quantitativi previsti dalla contrattazione collettiva
Il Ministero ha chiarito che i CCNL possono legittimamente derogare alla percentuale del 20% aumentandolo o diminuendolo, ovvero possono derogare alla scelta del legislatore di fotografare la realtà aziendale (cioè il numero dei lavoratori a tempo indeterminato) alla data del 1° gennaio dell’anno di assunzione: ad es il CCNL Trasporto Aeroportuale prevede che il calcolo dei lavoratori a termine debba essere effettuato sulla media dei lavoratori a tempo indeterminato in forza alla data del 31 dicembre.
Le sanzioni previste in caso di violazione dei limiti quantitativi
Il Ministero sgombra definitivamente il campo dagli equivoci sorti dopo la conversione del decreto legge, chiarendo che le sanzioni si applicano solo ai contratti stipulati, in violazione dei limiti quantitativi, dopo la data del 20 maggio 2014 . Quindi se un’azienda ha stipulato contratti a termine, violando i limiti quantitativi, nel periodo compreso tra il 21 marzo e il 20 maggio 2014 non sarà soggetta a sanzioni amministrative.
La sanzione si applica a quei datori di lavoro che hanno stipulati i contratti a tempo determinato in violazione dei limiti quantitativi, quelli previsti dal CCNL, o nel caso in cui il CCNL nulla preveda, quello del 20% previsto dalla legge. La sanzione, che è pari al 20% della retribuzione se si è superato il limite quantitativo di un’unità ed è invece pari al 50% se il numero dei lavoratori assunti a termine violando i limiti è più di uno, si calcola sulla retribuzione lorda mensile che spetta ai lavoratori assunti in violazione dei limiti. L’importo individuato attraverso la percentuale del 20% o del 50% della retribuzione lorda mensile deve essere poi moltiplicato, per ciascun lavoratore, per il numero dei mesi di occupazione.
Esempio: azienda che assume in violazione dei limiti un lavoratore a termine, con retribuzione mensile lorda di 1000 euro, per un periodo di tre mesi. Si calcola la percentuale del 20% della retribuzione che è pari a € 200,00 e si moltiplica per il periodo di occupazione : € 200*3 = € 600.
Se invece i lavoratori assunti in violazione dei limiti sono due, il primo con una retribuzione lorda mensile di 2000 euro per 2 mesi e il secondo con una retribuzione mensile lorda di 1500 euro per 4 mesi, allora la sanzione verrà così conteggiata:
Primo lavoratore: 2000*50% = 1000 importo percentuale. € 1000* 2 mesi = Sanzione € 2000,00
Secondo lavoratore: 1500*50% = 750 importo percentuale. € 750* 4 mesi = Sanzione € 3000,00
Sanzione totale = € 5.000,00.
Tale importo verrà poi ridotto ad un terzo, ai sensi dell’art. 16 della legge 689/1981, nel caso in cui si provveda al pagamento entro 60 giorni dalla notificazione degli estremi della violazione.
Entro il 31 dicembre 2014, i datori di lavoro che hanno in corso contratti a tempo determinato in violazione dei limiti sono tenuti a rientrare nei predetti limiti. I contratti collettivi, anche aziendali, possono individuare una diversa data successiva al 31 dicembre 2014 entro la quale il datore di lavoro deve rientrare nei limiti. Di certo il datore di lavoro che alla data del 21 marzo aveva superato i limiti e non è rientrato negli stessi, al 31 dicembre o alla diversa data stabilita dal contratto collettivo, non può instaurare nuovi rapporti a tempo determinato. E’ però fatta salva la possibilità di prorogare i contratti a termine in corso e che alla data del 21 marzo superavano i limiti: es datore di lavoro che al 21 marzo 2014 superava i limiti di due unità. Al 31 dicembre 2014 non è rientrato nei limiti perchè i contratti sono ancora in corso. Egli non può instaurare nuovi contratti a tempo determinato, ma può prorogare i contratti a termine in corso (attenzione tali contratti non devono essere già stati prorogati, posto che si applica la regola dell’unica proroga).
Disciplina della proroga
I contratti stipulati dopo la data del 21 marzo 2014 possono essere prorogati fino ad un massimo di 5 volte, purchè la proroga si riferisca alla stessa attività, cioè purchè il lavoratore venga adibito alle stesse mansioni o a quelle equivalenti e purchè non si superi il limite dei 36 mesi. Secondo il Ministero il numero delle 5 proroghe è un limite che trova applicazione indipendentemente dai rinnovi. Ciò significa che le 5 proroghe possono essere utilizzate complessivamente nei 36 mesi, con la conseguenza che se nei 36 mesi vengono stipulati 3 distinti contratti a termine ciascuno di questi non potrà essere prorogato per 5 volte. Se però viene stipulato un contratto a termine per mansioni diverse da quelle svolte in precedenza, le eventuali nuove proroghe non debbono essere contabilizzate.
Diritto di precedenza
Hanno un diritto di precedenza per le nuove assunzioni a tempo indeterminato aventi ad oggetto le stesse mansioni, i lavoratori a tempo determinato che abbiano prestato la loro attività per un periodo superiore a 6 mesi : tale diritto di precedenza può essere esercitato dal lavoratore nei 12 mesi successivi .
Per le lavoratrici madri, il periodo di congedo obbligatorio di maternità (5 mesi e un giorno), intervenuto nell’esecuzione di un contratto a termine, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile per il sorgere del diritto di precedenza. Sempre alle lavoratrici madri è riconosciuto anche il diritto di precedenza per le assunzioni a termine effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi e per le stesse mansioni.
Tutti i diritti di precedenza debbono essere richiamati per iscritto nella lettera di assunzione. La violazione di tale obbligo non è però sanzionata.