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ENTRO VENERDI’ LA PUBBLICAZIONE IN GAZZETTA DEL DECRETO CON LE NORME DEL CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI

E’ prossima la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legge che ha introdotto il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.

Cerchiamo di capire di cosa si tratta.

La nuova normativa disciplina in modo diverso dal passato lo scioglimento del rapporto di lavoro per i lavoratori che verranno assunti a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del Decreto Legge sul contratto a tutele crescenti.

Le novità riguardano soprattutto i nuovi assunti a tempo indeterminato da imprese che già occupano più di 15 dipendenti nonchè i lavoratori assunti a tempo determinato o con contratto di apprendistato da quest’ultime il cui rapporto di lavoro venga successivamente convertito a tempo indeterminato. Tuttavia, se per effetto di nuove assunzioni, un’impresa che aveva meno di 15 dipendenti supera la soglia dei 15 dopo l’entrata in vigore del Decreto, le norme sul contratto a tutele crescenti si applicheranno a tutti i dipendenti dell’azienda a decorrere dalla data del superamento delle 15 unità.

Queste le conseguenze previste nel caso di licenziamento del lavoratore a tutele crescenti:

Licenziamento nullo o discriminatorio o intimato in forma orale

Se il licenziamento è nullo, discriminatorio o intimato verbalmente il lavoratore avrà diritto alla reintegrazione, nonchè al pagamento di un risarcimento commisurato alle retribuzioni dovute dalla data del licenziamento a quella della reintegra, contributi previdenziali compresi, dedotto quanto eventulamente percepito dallo stesso per effetto dello svoglimento di nuova attività lavorativa (tale risarcimento non potrà essere inferiore a 5 mensilità). In alternativa alla reintegra, il lavoratore potrà chiedere al datore di lavoro un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione su cui non sono dovuti i contributi previdenziali. Si tratta, in sostanza, della previsione del vecchio art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Licenziamento per giustificato motivo e  giusta causa

Se il licenziamento non è sorretto da giustificato motivo (oggettivo o soggettivo) o da giusta causa, il lavoratore non ha diritto alla reintegra, ma al pagamento di un’indennità economica, sulla quale non sono dovuti i contributi previdenziali, di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR per ogni anno di anzianità di servizio, con un limite minimo di 4 mensilità e un limite massimo di 24 mensilità.

Ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo dei lavoratori assunti con il contratto a tutele crecenti  (ad es licenziamenti economici) non si applica la procedura del tentativo di conciliazione obbligatorio presso la DTL prevista dall’art. 7 della legge 604/1966, così come novellato dalla legge Fornero .

Nel caso di licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (quindi nei soli casi di licenziamenti disciplinari) ove venga accertato che il fatto per cui è stato intimato il licenziamento non sussiste materialmente,  il lavoratore avrà diritto alla reintegra e al pagamento di un risarcimento commisurato alle retribuzioni dovute dalla data del risarcimento a quella della reintegra,  contributi previdenziali compresi, dedotto anche in questo caso quanto eventulamente percepito dallo stesso per effetto dello svoglimento di nuova attività lavorativa, che non potrà però superare le 12 mensilità. In alternativa alla reintegra, il lavoratore potrà chiedere al datore di lavoro un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione su cui non sono dovuti i contributi previdenziali.

Licenziamento illegittimo per vizi formali e procedurali

Se il licenziamento non è motivato oppure è stato intimato senza il rispetto della procedura prevista dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori per il caso dei licenziamenti disciplinari, allora il datore di lavoro dovrà pagare un’indennità, non assogettabile a contributi previdenziali, pari a una mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del TFR per ogni anno di anzianità di servizio, con un limite minimo di 2 mensilità e un limite massimo di 12 mensilità.

Viene inoltre confermata la previsione, già introdotta dalla legge Fornero, che consente al datore di lavoro di revocare il licenziamento entro il termine di 15 giorni dall’impugnazione dello stesso da parte del lavoratore. In questo caso al lavoratore spetta la retribuzione dovuta per il periodo intercorrente tra la data del licenziamento e quella della revoca, ma non si applicano le conseguenze sanzionatorie al datore di lavoro.

La norma disciplina, inoltre, il caso dei lavoratori che sono entrati a far parte dell’azienda in seguito ad un cambio appalto. Ricordiamo che in questi casi il rapporto non prosegue tra vecchio appaltatore e nuovo appaltatore, come invece accade nel caso del trasferimento d’azienda, ma  si instaura un nuovo rapporto di lavoro. Il decreto legge interviene allora prevedendo che, ferma restando la costituzione di un nuovo rapporto, il lavoratore transitato dal vecchio al nuovo appaltatore conserva, ai fini del calcolo delle indennità dovute per il caso di licenziamento illegittimo, l’anzianità maturata in quello specifico appalto.

Novità per i lavoratori assunti da piccoli imprenditori

Le novità non riguardano solo le aziende che occupano più di 15 dipendenti, ma anche quelle con meno di 15 lavoratori. Ai lavoratori, assunti dopo l’entrata in vigore del decreto legge, che siano stati licenziati illegittimamente sarà infatti dovuto un risarcimento del danno diverso da quello fin’ora previsto dalla legge 604/1966, che ricordiamo andava da un minimo di 2,5 ad un massimo di 6 mensilità con la possibilità di arrivare sino a 10 mensilità per i lavoratori con anzianità di servizio superiore ai 10 anni.

Il decreto prevede che in questo caso i risarcimenti sopra descritti siano dimezzati e non possano, comunque,  superare le 6 mensilità. Quindi il  risarcimento non potrà superare le sei mensilità  e sarà proporzionato all’anzianità di servizio.

Viene confermata l’esclusione per le piccole imprese dell’obbligo di reintegra che, come per il passato, sussiste solo nei casi di licenziamenti nulli, discriminatori e orali.

TFR IN BUSTA PAGA

TFR IN BUSTA PAGA

La legge di stabilità 2015 ha previsto in via sperimentale la possibilità per i lavoratori dipendenti di chiedere, a partire dal mese di marzo 2015, l’erogazione in busta paga delle quote di TFR maturande (c.d. Qu.I.R.), con la conseguenza che tali quote non verranno più accantonate in azienda o versate ai fondi di previdenza complementare.

Vediamo quali sono i punti salienti:
Sono interessati tutti i lavoratori che abbiano in corso un rapporto di lavoro da almeno sei mesi con lo stesso datore di lavoro e che abbiano la disponibilità del TFR, vale a dire che non abbiano vincolato il TFR a garanzia di contratti di finanziamento. La circolare INPS 23 aprile 2015, n. 82 nulla dice circa i casi di pignoramento, ma si ritiene che anche in questo caso vis sia l’impossibilità per il lavoratore di richiedere la QUIR
Sono esclusi i lavoratori domestici, quelli del settore agricolo, i pubblici dipendenti e i lavoratori dipendenti da aziende sottoposte a procedure concorsuali o da aziende dichiarate in stato di crisi.

La richiesta, una volta presentata è irrevocabile, e riguarda il periodo compreso tra il 1° maggio 2015 e il 30 giugno 2018.
La Qu.I.R. deve essere erogata dal mese successivo a quello in cui il lavoratore ha formalizzato al proprio datore di lavoro l’istanza di liquidazione in busta paga.

La quota del TFR erogata in busta paga:
è soggetta a tassazione ordinaria (e non separata), ma non a contribuzione previdenziale;
• non rileva ai fini della verifica dei limiti di reddito per la concessione del bonus degli 80 euro;
concorre nella definizione reddituale utile per l’assegno nucleo familiare, per l’ISEE, nonchè per il calcolo delle addizionali regionali e comunali.

Sono previste delle misure compensative a favore dei datori di lavoro che erogano mensilmente le quote di TFR maturande.
I datori di lavoro potranno, in alternativa, godere di due distinti tipi di agevolazioni.

Il primo gruppo di agevolazioni consiste nella possibilità di:
a) dedurre dal reddito d’impresa un importo pari al 4% (6% per i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti) dell’ammontare del Tfr annualmente liquidato in busta paga;
b) ridurre il contributo dovuto al fondo di garanzia TFR in misura pari alla percentuale del TFR erogato in busta paga;
c) godere di un esonero contributivo sui contributi sociali (Anf, maternità e disoccupazione) in proporzione al Tfr liquidato in busta paga (la percentuale di esonero applicabile per l’anno 2015 è pari allo 0,28%).

Il secondo gruppo di agevolazioni consiste nella possibilità – ferma restando l’agevolazione di cui alla lettera b) che precede – di accedere al credito bancario agevolato.
L’accesso al credito agevolato è previsto solo per i datori di lavoro che occupano meno di 50 dipendenti.
L’accesso al finanziamento avviene tramite una procedura autorizzatoria che passa dall’INPS per arrivare all’Istituto di credito(c.d. intermediario)
Nell’accordo quadro stipulato tra ABI Ministero delle Finanze e Ministero del Lavoro, che allego in copia, è previsto che la disponibilità creditizia sia “di un importo coerente con l’esigenza” del datore di lavoro di liquidare mensilmente il valore delle Quir in busta paga. Ciò significa che l’importo erogato dalle banche a tasso agevolato non potrà superare quanto il datore di lavoro deve pagare mensilmente a titolo di TFR e che dev’essere certificato dall’INPS

Nella sezione modulistica trovate il fac simile della lettera  che il lavoratore dipendente deve presentare al proprio datore di lavoro per richiedere l’erogazione in busta paga della quota di TFR maturanda

PUBBLICAZIONE CU NELLA SEZIONE RISERVATA

Avvisiamo i gentili clienti che abbiamo pubblicato nella sezione riservata i CU dei lavoratori dipendenti e dei percipienti autonomi.

Ricordiamo che i CU vanno consegnati  in duplice copia  entro il 28 febbraio 2015 (prorogato al 2 marzo).

Queste le possibili modalità di consegna :

– consegna a mani con firma per ricevuta da apporre nella “distinta” di consegna;

– posta raccomandata;

– posta e- mail certificata.

Per quanto riguarda i CU dei lavoratori autonomi, Vi preghiamo di verificare se i dati indicati corrispondono a quelli in Vostro possesso o se vi siano ancora altri documenti non consegnati allo studio.

I CHIARIMENTI DELL’INPS SULL’ESONERO CONTRIBUTIVO 2015

Con la circolare n. 17 del 29 gennaio 2015, l’INPS ha fornito le istruzioni per le assunzioni che godono dell’esonero contributivo introdotto dall’articolo unico, commi 118, della legge di stabilità 2015.

Questi i punti salienti e di maggior interesse.

L’ESONERO CONTRIBUTIVO:

1)  NON COSTITUISCE AIUTO DI STATO E NON RIENTRA QUINDI NEI LIMITI PREVISTI DALLA NORMATIVA COMUNITARIA IN TEMA DI CONCORRENZA

2) NON E’ RICONOSCIUTO AI DATORI DI LAVORO CHE ASSUMONO DIPENDENTI CON CONTRATTO INTERMITTENTE A TEMPO INDETERMINATO

3)  SI APPLICA ANCHE ALLE ASSUNZIONI DI DIRIGENTI A TEMPO INDETERMINATO;

4) VIENE RICONOSCIUTO  NEL CASO IN CUI IL DATORE DI LAVORO ASSUMA A TEMPO INDETERMINATO UN LAVORATORE CON IL QUALE, NEL CORSO DEI DODICI MESI PRECEDENTI, AVEVA AVUTO UNO O PIU’ RAPPORTI DI LAVORO A TERMINE PER UN PERIODO SUPERIORE A SEI MESI. IN SOSTANZA SI HA DIRITTO ALL’ESONERO ANCHE SE SI ASSUME UN DIPENDENTE CHE AVEVA UN DIRITTO DI PRECEDENZA ALL’ASSUNZIONE.

5) SPETTA ANCHE NEL CASO IN CUI L’ASSUNZIONE DEFINITIVA  AVVENGA A SEGUITO DI TRASFORMAZIONE DEL CONTRATTO A TERMINE IN CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO;

6) SPETTA AI DATORI DI LAVORO CHE, NELLA LORO  QUALITA’ DI ACQUIRENTI O AFFITTUARI DI AZIENDA O DI RAMO AZIENDALE, ENTRO UN ANNO DALLA DATA DI TRASFERIMENTO AZIENDALE, ASSUMANO A TEMPO INDETERMINATO LAVORATORI A TERMINE CHE NON SIANO PASSATI ALLE SUE DIPENDENZE;

7) SPETTA IN CASO DI ASSUNZIONI DI DISABILI

Ovviamente, per godere dell’esonero, occorrerà rispettare le seguenti condizioni:

a) essere in regola con gli obblighi contributivi (possesso del DURC);

b) non aver violato le norme fondamentali in materia di sicurezza del lavoro (Rispetto del TU 81/2008: quindi possesso del documento valutazione rischi, ecc)

c) rispetto dei contratti collettivi nazionali, regionali territoriali o aziendali, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi.

NUOVO SGRAVIO TRIENNALE

Come noto la legge di stabilità 2015 ha previsto una nuova agevolazione per le assunzioni di lavoratori subordinati a tempo indeterminato che vengano effettuate nel periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2015.

L’agevolazione consiste nell’esonero dei contributi previdenziali, nel limite massimo di € 8.060,00 annui, per 36 mesi (l’esonero non riguarda i premi dovuti all’INAIL).

L’esonero non spetta se:

1) il lavoratore nei sei mesi precenti è risultato occupato a tempo indeterminato presso qualsiasi altro datore di lavoro (suggeriamo di chiedere al lavoratore, che si intende assumere, di dimostrare con certificato rilasciato dal Centro per l’Impiego che nei 6 mesi precedenti non era assunto a tempo indeterminato);

2) il lavoratore aveva già lavorato per la Vostra azienda (o per società alla stessa collegate o controllate) a tempo indeterminato nei tre mesi antecedenti l’entrata in vigore della legge di stabilità (1° gennaio 2015).

In questi giorni ci è stato chiesto da molti se il datore di lavoro abbia diritto allo sgravio anche nel caso in cui assuma a tempo indeterminato un lavoratore che aveva già lavorato a termine per l’azienda nel 2014: l’interpretazione letterale del comma 118 della legge di stabilità ci conduce a dare risposta affermativa.

Tuttavia, ad oggi, in assenza di chiarimenti ufficiali, occorre essere molto prudenti, posto che non è chiaro se l’esonero contributivo previsto dalla legge di stabilità 2015 sia sottoposto alle condizioni dettate dalla legge 92/2012 (cd legge Fornero). Infatti, se si applicasse la legge 92/2012, l’esonero contributivo non troverebbe applicazione :

a) se l’assunzione costituisse attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva;

b)  se l’assunzione violasse il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine;

c)  se il datore di lavoro  avesse in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione fosse finalizzata all’acquisizione di professionalita’ sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi oppure siano effettuate presso una diversa unita’ produttiva.

In sostanza, se trovasse applicazione la legge 92/2012, l’esonero contributivo non spetterebbe  nel caso di assunzione di lavoratore che, avendo già lavorato a termine per l’azienda, aveva il diritto di precedenza nelle nuove assunzioni. L’agevolazione non spetterebbe ugualmente se il datore di lavoro, invece di assumere il lavoratore a termine cessato con diritto di precedenza, assumesse un’altra persona.

E’ evidente che se tale orientamento trovasse accoglimento, la novità introdotta dalla legge di stabilità 2015 sarebbe completamente svuotata di significato, dal momento che solo in pochissimi casi i datori di lavoro potrebbero godere dell’esonero contributivo.

E’ auspicabile che il Ministero del Lavoro o l’INPS intervengano al più presto per chiarire la questione.

 

p.s. Vedi la circolare dell’INPS n. 17 del 29 gennaio 2015 in cui, fugando i dubbi sopra esposti,  si chiarisce che l’ESONERO CONTRIBUTIVO SPETTA ANCHE SE IL LAVORATORE ASSUNTO A TEMPO INDETERMINATO AVEVA GIA’ LAVORATO A TERMINE PER L’AZIENDA PER PIU’ DI SEI MESI. 

NUOVE MODALITA’ PRESENTAZIONE MOD F 24

Dal 1° ottobre 2014 non si potrà più andare fisicamente in banca o in posta (o presso uno sportello di Equitalia) per effettuare pagamenti di F24 superiori  a 1.000,00 euro, ovvero pagamenti di F24 che utilizzano crediti di imposta in compensazione, con saldo finale maggiore di zero.

In questi casi si dovrà effettuare il pagamento solo in via telematica, vale a dire trasmettendo via internet il MOD F 24 tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate.

I versamenti con Modello F 24 cartaceo potranno continuare ad essere effettuati, presso Banche, Poste italiane e Agenti della Riscossione, dai soggetti non titolari di partita IVA, nel caso in cui debbano versare, senza utilizzo di crediti in compensazione, somme per un importo totale pari o inferiore a 1.000,00 euro.

Per ulteriori approfondimenti consigliamo la lettura della Circolare dell’Agenzia delle entrate del 19 settembre 2014 n. 27: circolare+17-9-2014+v2

Pubblicato dall’INAIL il nuovo Mod OT 24

Entro il prossimo 28 febbraio 2015 le aziende interessate potranno presentare on line la domanda di riduzione  del tasso medio o applicato del premio INAIL Modello OT 24 2015

L’incentivazione economica dell’INAIL alle imprese si realizza, oltre che con specifici contributi in conto capitale per quanto concerne le spese connesse alla realizzazione degli interventi di miglioramento della sicurezza dei luoghi di lavoro, anche con lo strumento della riduzione del tasso di premio.
Le imprese possono ridurre:
– i costi indiretti con la diminuzione della probabilità di accadimento degli infortuni sul lavoro
– i costi diretti presentando la domanda di riduzione del tasso medio o applicato del premio da corrispondere all’INAIL.

Lo “sconto” denominato “oscillazione per prevenzione” (OT24)”, si applica alle aziende, operative da almeno un biennio, che hanno eseguito nel 2014  interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli minimi previsti dalla normativa in materia (decreto legislativo 81/2008 e successive modifiche e integrazioni).

In sostanza l’INAIL riduce il premio assicurativo a quelle aziende che pongono in essere degli interventi in materia di sicurezza ulteriori rispetto a quelli obbligatori indicati nel Dlgs 81/2008.

 Il rispetto degli obblighi di legge posti  dal Testo Unico per la Sicurezza (il Dlgs 81/2008) non è quindi sufficiente per aver diritto alla riduzione del premio assicurativo.

La riduzione ottenibile è articolata secondo lo schema seguente, in funzione del numero di lavoratori-anno:

Lavoratori -anno Riduzione
fino a 10 30%
da 11 a 50 23%
da 51 a 100 18%
da 101 a 200 15%
da 201 a 500 12%
oltre 500 7%

Per poter accedere alla riduzione del tasso medio di tariffa è necessario osservare tutte le disposizioni obbligatorie in materia di prevenzioni infortuni e igiene del lavoro e aver effettuato ulteriori interventi in materia di sicurezza, tali che la somma dei loro punteggi riportati nel modulo di domanda sia pari almeno a 100; gli interventi devono essere relativi ad almeno 2 sezioni, con eccezione di quelli della sezione A dove è sufficiente selezionare un solo intervento.

La riduzione è concessa solo dopo l’accertamento dei requisiti di regolarità contributiva.

Valutazione e decisione. L’Inail, entro i 120 giorni successivi al ricevimento della domanda, comunica all’azienda il provvedimento adottato adeguatamente motivato. Nella guida INAIL per la compilazione del mod OT 24, che potete trovare nel sito www.inail.it, è indicata la documentazione che l’Istituto ritiene utile a dimostrare l’effettuazione degli interventi di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Tale documentazione viene di norma richiestadall’Istituto, in fase di verifica, alle aziende che presentano l’istanza di riduzione.

Continua la lettura di Pubblicato dall’INAIL il nuovo Mod OT 24

IL MINISTERO DEL LAVORO FORNISCE I CHIARIMENTI SULLE NUOVE NORME DEL LAVORO A TERMINE

Con la circolare n. 18 del 30 luglio 2014, il Ministero del Lavoro ha fornito i primi chiarimenti sulle nuove norme del lavoro a tempo determinato. Queste le precisazioni del Ministero che hanno diretto impatto sulle decisioni aziendali:

I limiti quantitativi dei contratti a termine

Verifica dei lavoratori a tempo indeterminato:       

In assenza di una diversa disciplina contrattuale prevista dal CCNL applicato dall’azienda, il datore di lavoro non può stipulare contratti a tempo determinato in misura superiore al 20% dei lavoratori in forza alla data del 1° gennaio dell’anno di assunzione.

Il Ministero del Lavoro chiarisce ora che se l’azienda si è costituita in corso d’anno,  la verifica dei lavoratori assunti a tempo indeterminato va effettuata al momento della prima assunzione a termine: es. azienda che si costituisce nel mese di marzo 2014 assumendo 5 lavoratori a tempo indeterminato. Il 10 maggio decide di stipulare dei contratti a termine. Per sapere quanti lavoratori a tempo determinato può assumere, deve verificare quanti lavoratori ha a tempo indeterminato alla data del 10 maggio ed effettuare i relativi calcoli.
Tra i lavoratori a tempo indeterminato si computano  i lavoratori con contratto a tempo parziale in proporzione all’orario svolto, gli apprendisti (ad esclusione di quelli stagionali) e i dirigenti a tempo indeterminato.

La verifica dei lavoratori in forza a tempo indeterminato si deve effettuare in relazione all’azienda nel suo complesso e non con riguardo alla singola unità produttiva.

Conteggio della percentuale del 20%          

Se nel conteggiare il numero dei lavoratori che si possono assumere a termine si ottiene un  decimale uguale o superiore a 0,5 , il datore di lavoro potrà effettuare un arrotondamento all’unità superiore : es datore di lavoro che ha 19 dipendenti. Il 20% di 19 è pari a 3,8  e quindi potrà assumere 4 lavoratori a termine. Se invece ha 16 dipendenti potrà assumere solo 3 lavoratori a temine (20% di 16 è 3,2).

Assunzioni effettuate per ragioni di stagionalità                                                                                                  

Il Ministero ha chiarito che le ipotesi del ricorso al lavoro stagionale non sono individuate in via tassativa dal DPR 1525/1963 , ma possono essere stabilite anche dal contratto collettivo. In particolare, il Ministero del Lavoro ha precisato che anche i contratti aziendali possono individuare ipotesi di ricorso al lavoro stagionale. Ciò risolverà i problemi di quelle aziende che applicano contratti collettivi che non prevedono i contratti stagionali, ma che di fatto hanno un andamento stagionale dell’attività.

I limiti quantitativi previsti dalla contrattazione collettiva    

Il   Ministero ha chiarito che i CCNL possono legittimamente derogare alla percentuale del 20% aumentandolo o diminuendolo, ovvero possono derogare alla scelta del legislatore di fotografare la realtà aziendale (cioè il numero dei lavoratori a tempo indeterminato) alla data del 1° gennaio dell’anno di assunzione: ad es il CCNL Trasporto Aeroportuale prevede che il calcolo dei lavoratori a termine debba essere effettuato sulla media dei lavoratori a tempo indeterminato in forza alla data del 31 dicembre.

Le sanzioni previste in caso di violazione dei limiti quantitativi                                                                     

Il Ministero sgombra definitivamente il campo dagli equivoci sorti dopo la conversione del decreto legge, chiarendo che le sanzioni si applicano solo ai contratti stipulati, in violazione dei limiti quantitativi, dopo la data del 20 maggio 2014 . Quindi se un’azienda ha stipulato contratti a termine, violando i limiti quantitativi, nel periodo compreso tra il 21 marzo e il 20 maggio 2014 non sarà soggetta a sanzioni amministrative.

La sanzione si applica a quei datori di lavoro che hanno stipulati i contratti a tempo determinato in violazione dei limiti quantitativi, quelli previsti dal CCNL, o nel caso in cui il CCNL nulla preveda, quello del 20% previsto dalla legge. La sanzione, che è pari al 20% della retribuzione se si è superato il limite quantitativo di un’unità ed è invece pari al 50% se il numero dei lavoratori assunti a termine violando i limiti è più di uno, si calcola sulla retribuzione lorda mensile che spetta ai lavoratori assunti in violazione dei limiti. L’importo individuato attraverso la percentuale del 20% o del 50%  della retribuzione lorda mensile deve essere poi moltiplicato, per ciascun lavoratore, per il numero dei mesi di occupazione.

Esempio: azienda che assume in violazione dei limiti un lavoratore a termine,  con retribuzione mensile lorda di 1000 euro, per un periodo di tre mesi.  Si calcola la percentuale del 20% della retribuzione che è pari a € 200,00 e si moltiplica per il periodo di occupazione :  € 200*3 = € 600.

Se invece i lavoratori assunti in violazione dei limiti sono due, il primo con una retribuzione lorda mensile di 2000 euro per 2 mesi e il secondo con una retribuzione mensile lorda di 1500 euro per 4 mesi,  allora la sanzione verrà così   conteggiata:

Primo lavoratore: 2000*50% = 1000 importo percentuale. € 1000* 2 mesi = Sanzione € 2000,00
Secondo lavoratore: 1500*50% = 750 importo percentuale. € 750* 4 mesi = Sanzione € 3000,00

Sanzione totale = € 5.000,00.

Tale importo verrà poi ridotto ad un terzo, ai sensi dell’art. 16 della legge 689/1981, nel caso in cui si provveda al pagamento entro 60 giorni dalla notificazione degli estremi della violazione.

Entro il 31 dicembre 2014, i datori di lavoro che hanno in corso contratti a tempo determinato in violazione dei limiti sono tenuti a rientrare nei predetti limiti. I contratti collettivi, anche aziendali, possono individuare una diversa data successiva al 31 dicembre 2014 entro la quale il datore di lavoro deve rientrare nei limiti. Di certo il datore di lavoro che alla data del 21 marzo aveva superato i limiti e non è rientrato negli stessi, al 31 dicembre o alla diversa data stabilita dal contratto collettivo,  non può instaurare nuovi rapporti a tempo determinato. E’ però fatta salva la possibilità di prorogare i contratti a termine in corso e che  alla data del 21 marzo superavano i limiti: es datore di lavoro che al 21 marzo 2014 superava i limiti di due unità. Al 31 dicembre 2014 non è rientrato nei limiti perchè i contratti sono ancora in corso. Egli non può instaurare nuovi contratti a tempo determinato, ma può prorogare i contratti a termine in corso (attenzione tali contratti non devono essere già stati prorogati, posto che si applica la regola dell’unica proroga).

Disciplina della proroga           

I contratti stipulati dopo la data del 21 marzo 2014 possono essere prorogati fino ad un massimo di 5 volte, purchè la proroga si riferisca alla stessa attività, cioè purchè il lavoratore venga adibito alle stesse mansioni o a quelle equivalenti e purchè non si superi il limite dei 36 mesi.  Secondo il Ministero il numero delle 5 proroghe è un limite che trova applicazione indipendentemente dai rinnovi. Ciò significa che le 5 proroghe possono essere utilizzate complessivamente nei 36 mesi, con la conseguenza che se nei 36 mesi vengono stipulati 3 distinti contratti a termine ciascuno di questi non potrà essere prorogato per 5 volte.  Se però viene stipulato un contratto a termine per mansioni diverse da quelle svolte in precedenza, le eventuali nuove proroghe non debbono essere contabilizzate.

Diritto di precedenza  

Hanno un diritto di precedenza per le nuove assunzioni a tempo indeterminato aventi ad oggetto le stesse mansioni, i lavoratori  a tempo determinato che abbiano prestato la loro attività per un periodo superiore a 6 mesi : tale diritto di precedenza può essere esercitato dal lavoratore nei 12 mesi successivi .

Per le lavoratrici madri, il periodo di congedo obbligatorio di maternità (5 mesi e un giorno), intervenuto nell’esecuzione di un contratto a termine,  concorre  a determinare il periodo di attività lavorativa utile per il sorgere del diritto di precedenza. Sempre alle lavoratrici madri è riconosciuto anche il diritto di precedenza per le assunzioni a termine effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi e per le stesse mansioni.

Tutti i diritti di precedenza debbono essere richiamati per iscritto nella lettera di assunzione. La violazione di tale obbligo non è però sanzionata.

 

RIEPILOGO DELLE SANZIONI IN MATERIA DI ORARIO DI LAVORO

E’ notizia di questi giorni che la Corte Costituzionale, con la sentenza 153/2014, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18-bis, commi 3 e 4, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 , nel testo originariamente introdotto dal d.lgs. 19 luglio 2004, n. 213, contenenti sanzioni in materia di orario di lavoro.

Secondo la Corte Costituzionale le sanzioni introdotte nel 2004 non avrebbero rispettato i limiti posti dalla legge delega n. 39/2002, nella misura in cui è stato previsto un regime sanzionatorio sensibilmente più severo rispetto a quello previgente, nonostante il legislatore, nell’ambito della legge di delega, avesse richiesto “in ogni caso (…) sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti “.

La decisione della Corte Costituzionale, tuttavia, riguarda solo le sanzioni comminate nel periodo 1° settembre 2004 – 24 giugno 2008 e non interessano le modifiche legislative successive.

Ciò posto, crediamo far cosa utile ricordare quali sono attualmente le pesanti sanzioni previste per i datori di lavoro che violano le disposizioni in materia di orario :

REGIME SANZIONATORIO ORARIO DI LAVORO In vigore dal 22 febbraio 2014
 

VIOLAZIONE

SANZIONE

 

 

Durata massima dell’orario di lavoro

 

La durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di 7 giorni, le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario, che non possono superare le 250 ore annuali.

 

La durata media dell’orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a 4 mesi anche se i contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite fino a 6 mesi ovvero fino a 12 mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.

 

In caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale, attraverso prestazioni di lavoro straordinario, per le unità produttive che occupano più di 10 dipendenti il datore di lavoro è tenuto a informare, entro trenta giorni dalla scadenza del periodo di riferimento (4, 6 o 12 mesi) la Direzione territoriale del lavoro – Settore ispezione del lavoro – competente per territorio; i contratti collettivi di lavoro possono stabilire le modalità per adempiere al predetto obbligo di comunicazione.

Da euro 200 a euro 1.500. Se la violazione si riferisce a piu` di cinque lavoratori ovvero si e` verificata in almeno tre periodi di riferimento di cui all’art. 4, commi 3 (quattro mesi) o 4 (sei mesi), la sanzione amministrativa e` da € 800 a € 3.000.

 

Se la violazione si riferisce a piu` di dieci lavoratori ovvero si e` verificata in almeno cinque periodi di riferimento di cui all’art. 4, commi 3 (quattro mesi) o 4 (sei mesi), la sanzione amministrativa e` da € 2.000 a € 10.000 e non e` ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta

Diritto al riposo giornaliero

 

il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore (che tendenzialmente coincide con la domenica). Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità.

Da euro 100 a euro 300. Se la violazione si riferisce a piu` di cinque lavoratori

ovvero si e` verificata in almeno tre periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa e` da € 600 a € 2.000.

 

Se la violazione si riferisce a piu` di dieci lavoratori ovvero si e` verificata in almeno cinque periodi di ventiquattro ore, la sanzione amministrativa e` da € 1.800 a € 3.000 e non e` ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.

Diritto al riposo settimanale

 

Il lavoratore ha diritto ad un periodo di riposo settimanale:

 

– di almeno 24 ore consecutive;

 

– ogni 7 giorni;

 

di regola coincidente con la domenica.

Da euro 200 a euro 1.500. Se la violazione si riferisce a piu` di cinque lavoratori ovvero si e` verificata in almeno tre periodi di riferimento di cui all’art. 4, commi 3 o 4, la sanzione amministrativa e` da E 800 a E 3.000.

 

Se la violazione si riferisce a piu` di dieci lavoratori ovvero si e` verificata in almeno cinque periodi di riferimento di cui all’art. 4, commi 3 o 4, la sanzione amministrativa e` da E 2.000 a E 10.000 e non e` ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.

 

 

Scade il 30 giugno il termine per godere le ferie del 2012

Come ogni anno ricordiamo che, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del Dlgs 66/2003,  i datori di lavoro   devono consentire ai propri dipendenti di godere entro il 30 giugno l’arretrato di ferie relative al periodo minimo legale, che è di quattro settimane, maturato nel 2012. La violazione di quest’obbligo è sanzionata con una sanzione di importo compreso tra € 130,00 ed € 170,00 per ogni lavoratore.  Inoltre l’INPS chiede il versamento dei contributi sulle ferie maturate nel 2012 e non ancora godute alla data del 30 giugno 2014 (i datori di lavoro debbono quindi sommare alla retribuzione di luglio 2014 un compenso di ferie virtuale e su questo calcolare i contributi che andranno versati entro il 20 agosto).

In sintesi riepiloghiamo la normativa sulle ferie:

Ogni anno i lavoratori maturano il diritto ad un periodo di ferie che per legge non può essere inferiore a 4 settimane. I contratti collettivi possono comunque prevedere periodi di ferie maggiori. Il Ministero del Lavoro distingue tre diversi periodi ai fini della fruizione delle ferie:

1) Un primo periodo di due settimane deve essere goduto nell’anno di maturazione (così nel 2014 andranno obbligatoriamente godute le due settimane di ferie maturate nell’anno).  Se il lavoratore lo richiede tempestivamente, tale periodo deve essere goduto continuativamente. Se al termine dell’anno il lavoratore non ha goduto le due settimane di ferie, il datore di lavoro può essere sanzionato;

2) Un secondo periodo di due settimane deve essere fruito, anche in modo frazionato, entro 18 mesi dall’anno di maturazione (queste due settimane maturate nel 2014 andranno quindi godute entro il 30 giugno 2016). Se allo scadere di questo periodo il lavoratore non ha goduto queste due settimane di ferie, il datore di lavoro è passibile di sanzione;

3) Un terzo periodo di ferie di misura variabile (l’entità di questo periodo varia a seconda delle disposizioni dei singoli contratti collettivi), va goduto entro il termine previsto dal contratto collettivo e in caso di mancata fruizione può essere monetizzato.